Tutti gli yogurt sono latte fermentato, ma non tutto il latte fermentato è yogurt. Confusi? Scopriamo insieme quali sono le differenze tra yogurt e kefir!
Ma cos’è il latte fermentato?
Con latte fermentato si intendono tutti quei prodotti ottenuti per coagulazione del latte, senza sottrazione di siero, ad opera di microrganismi caratteristici di ciascun tipo di latte. Quest’ultimo, infatti, in condizioni naturali, acidifica e coagula, trasformandosi in latte fermentato, che rappresenta, pertanto, l’evoluzione naturale operata dai microrganismi presenti naturalmente nel latte crudo.
La diversità e la pluralità dei latti fermentati sono connesse al tipo di latte utilizzato, alla tecnologia di trasformazione applicata e, soprattutto, ai tipi di microrganismi che intervengono nel processo, nonché alle tradizioni delle popolazioni che li producono.
In questo articolo vi presentiamo quelli che hanno acquisito, nel tempo, maggiore popolarità: lo yogurt e il kefir.
1. Lo yogurt
Tra i latti fermentati, lo yogurt è sicuramente quello più noto e diffuso. Specificatamente, rientra tra i cosiddetti “latti fermentati acidi” ed è ottenuto addizionando al latte pastorizzato colture microbiche selezionate: Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus termophilus. Questi ultimi, dovranno essere presenti “vivi” nel prodotto al termine della sua shelf-life in quantità non inferiore a 1 milione per grammo, singolarmente, e a 10 milioni per grammo in totale.
Le varietà di yogurt
Sul mercato può essere trovata una grande varietà di opzioni, con modificazioni nella percentuale di grassi, nel tipo di coagulo e nell’aromatizzazione, con differenze legate al tipo di tecnologia applicata, all’acidità e al numero di batteri lattici presenti nel prodotto.
La prima evidente differenza tra i prodotti presenti in commercio risiede nella tipologia del latte di partenza e la sua percentuale di grasso.
Si distinguono:
– Yogurt intero: prodotto a partire da latte con un contenuto di grassi minimo dello 3.5%;
– Yogurt magro: che si ottiene dalla fermentazione del latte scremato e riporta un contenuto in grassi, per definizione, non superiore all’1% (in genere intorno allo 0,1%);
– Diverse specificazioni sul latte utilizzato, se questo non è di vacca (“latte di..”).
Molto dipende anche dal processo
Un altro aspetto interessante, che discrimina i vari yogurt offerti dal mercato, è relativo al tipo di processo effettuato. Sulla base di questo, diverse sono le proposte:
– Yogurt a coagulo rotto: fermentazione e coagulazione avvengono in appositi tank (cisterne) e solo successivamente alla rottura del coagulo, lo yogurt sarà confezionato nei contenitori. La rottura del coagulo è un’operazione delicata e da essa dipende in buona parte la struttura finale del prodotto. Formato il coagulo e raggiunta l’acidità voluta, lo yogurt viene messo sotto agitazione al fine di renderlo cremoso e di evitare la separazione di siero, per questo definito “a coagulo rotto” (o omogeneo). Definito anche come “yogurt cremoso”, presenta tipicamente una consistenza morbida e vellutata;
– Yogurt a coagulo intero (o compatto): fermentazione e coagulazione del latte avvengono direttamente all’interno del contenitore con cui il prodotto sarà commercializzato. In questo caso vengono aggiunti gli eventuali aromi (caffè, cioccolato, ecc.) e/o frutta prima di operare la fermentazione, per poi procedere direttamente al confezionamento. Diversamente dal caso precedente, non vi è quindi la rottura del coagulo, per questo lo yogurt non si presenta cremoso, ma compatto all’interno del suo contenitore. Per riconoscerlo, solitamente viene commercializzato in appositi vasetti di vetro, grazie ai quali il contenuto appare ben visibile dall’esterno, al momento dell’acquisto;
– Yogurt da bere presenta una consistenza liquida ed è ottenuto da yogurt a coagulo rotto generalmente a ridotta percentuale di grasso. Dopo un primo raffreddamento, viene di solito addizionato di zucchero e succo di frutta, stabilizzanti e aromi. La miscela viene poi omogeneizzata e raffreddata. La quantità di batteri lattici aggiunta è comunque inferiore alle altre due tipologie di yogurt e questo consente di ottenere un prodotto meno viscoso e a bassa acidità. Inoltre, ha un “residuo magro” (principalmente proteine e zuccheri) inferiore rispetto alla versione al cucchiaio;
– Yogurt colato (o “alla greca”): per la sua produzione, successivamente alla fase della rottura del coagulo, avviene la cosiddetta “colatura” che, per mezzo di apposite membrane, determina l’eliminazione del siero. Questo passaggio giustifica la sua struttura più densa e cremosa, oltre che i valori nutrizionali (più ricco in proteine e a ridotto contenuto di lattosio). Se paragonato alla produzione di uno yogurt a coagulo rotto, per uno yogurt colato si utilizza mediamente una quantità di latte quasi tre volte superiore.
– Yogurt più batteri probiotici: il generale cambiamento delle caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche dello yogurt rispetto al latte determina un miglioramento delle sue proprietà nutrizionali e dei suoi effetti benefici sulla salute. I riflessi positivi sulla fisiologia umana risultano esaltati quando il microbiota dello yogurt a coagulo rotto è integrato, o anche sostituito, con altri batteri di origine intestinale umana, appartenenti ai generi Lactobacillus e Bifidobacterium che, riuscendo a resistere all’azione dei succhi gastrici, giungono nel nostro intestino, arricchendo la flora intestinale. Il trend attuale infatti, è quello di esplorare gli effetti sinergici e di combinare i probiotici con i prebiotici, ingredienti alimentari che non sono assorbiti dall’intestino tenue e quindi arrivano al colon dove stimolano la crescita e/o l’attività di specie microbiche che esplicano un ruolo positivo per l’organismo.
2. Il kefir
Il Kefir, diversamente dallo yogurt, rientra tra i “latti fermentati acido-alcolici”, caratterizzati dall’associazione tra batteri e lieviti e contengono, pertanto, come prodotti della fermentazione, non solo acido lattico, ma anche alcol etilico e CO2. È proprio la presenza di CO2 a determinarne il caratteristico sapore acidulo e leggermente frizzante.
Originaria delle regioni asiatiche e medio orientali, è diffusa soprattutto in Russia, Polonia, Ungheria, nord Europa e Giappone. Il termine kefir o kephyr deriva da “ket”, che in turco significa benessere. Si ottiene utilizzando come innesto i caratteristici granuli, detti anche “miglio del Profeta”, in quanto per tradizione si ritiene che sia stato Maometto ad insegnare agli Arabi la tecnica di preparazione di questa bevanda.
La fabbricazione del kefir
La fabbricazione del kefir è abbastanza particolare e complessa e il risultato varia in funzione della stabilità dei granuli, della quantità dell’innesto, del latte (tipo, qualità, trattamenti), della temperatura e durata della fermentazione, del tipo di tecnologia (familiare o industriale).
– Il latte di vacca, pecora o capra viene omogeneizzato, pastorizzato, in modo da determinare la denaturazione delle proteine del siero, che favorisce l’aumento della viscosità del prodotto.
– Successivamente viene inoculato con i granuli, i quali sono costituiti da una matrice gommosa elastica di natura proteica e polisaccaridica nella quale restano inglobati i microrganismi che instaurano una forma speciale di simbiosi molto stabile, tipicamente di forma globosa irregolare e di colore bianco o giallastro.
– Il latte inoculato viene incubato alla temperatura di 20 °C circa per 12-24 ore, fino ad ottenere la massima stabilità del coagulo.
– Si procede, quindi, al recupero dei granuli, per filtrazione o setacciatura, i quali vengono poi lavati con acqua corrente, asciugati e/o liofilizzati e conservati, affinchè possano essere impiegati per ulteriori preparazioni.
Il fluido cremoso e omogeneo costituisce il kefir, che va consumato preferibilmente sempre fresco, perché facilmente contaminabile e perché dopo qualche giorno diventa eccessivamente acido.
La produzione industriale viene oggi realizzata impiegando colture starter concentrate liofilizzate ottenute dai granuli di kefir.
Quindi… meglio yogurt o kefir?
Cosa scegliere quindi tra yogurt e kefir?
Molto dipende anche da cosa ci aspettiamo da questi due prodotti.
Occorre sapere che i batteri e i lieviti presenti nel kefir sono probiotici, ovvero benefici, per il nostro corpo. Essi infatti riescono ad arrivare vivi nell’intestino, proteggendo la flora intestinale.
Nel caso di uno yogurt classico, invece, non è la presenza dei fermenti lattici ad apportare direttamente benefici, come molti credono. I microrganismi presenti nello yogurt, infatti, una volta ingeriti, vengono completamente distrutti dai succhi gastrici dello stomaco, per cui non sopravvivono nel nostro intestino. Non recano danni, ma neppure benefici.
Il kefir ha quindi una marcia in più grazie alle sue proprietà probiotiche, un valido aiuto per il nostro intestino e il nostro sistema immunitario.
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