Il caffè è la bevanda più consumata al mondo ogni giorno, dopo l’acqua, ed è la materia prima più trattata sui mercati finanziari, dopo il petrolio.
Il 90% della produzione di caffè avviene in Messico, Colombia, Vietnam, Indonesia e Brasile, mentre il suo consumo avviene principalmente nei paesi cosiddetti del primo mondo.
Quando vogliamo parlare di caffè sostenibile dobbiamo considerare tre ambiti, tra loro collegati:
- la sostenibilità ambientale;
- la sostenibilità sociale;
- la sostenibilità economica.
In questo articolo approfondiremo la sostenibilità ambientale, cioè l’impatto delle coltivazioni di caffè sull’ambiente, in particolare sul suolo.
È giusto però spiegare brevemente a cosa ci riferiamo con sostenibilità sociale ed economica.
- Sostenibilità sociale: ci riferiamo alle condizioni di lavoro dei coltivatori che devono sottostare a contratti spesso non regolamentati. I profitti sono minimi, si è stimato che meno del 2% del prezzo pagato dal consumatore va a chi ha raccolto i chicchi. Qualsiasi imprevisto (es. catastrofe naturale) può influire sui prezzi con effetti sproporzionati per individui con già poche possibilità di sostentamento. Inoltre l’utilizzo di pesticidi senza adeguate misure di protezione può mettere in pericolo la salute di questi lavoratori.
- Sostenibilità economica: ci riferiamo al mercato del caffè. Il caffè è una cosiddetta commodity (materia prima agricola quotata in borsa), caratterizzata da volatilità dei prezzi. Le fluttuazioni del prezzo possono dipendere da diversi fattori come ad esempio una produzione minore causata da fenomeni meteorologici avversi o una variazione del dollaro.
Sostenibilità ambientale del caffè
Ora vediamo i principali effetti avversi causati da coltivazione e produzione di caffè sull’ambiente:
● Deforestazione: il 73% della deforestazione nelle aree tropicali e subtropicali del Pianeta è dovuta all’espansione dei terreni agricoli ed ogni anno vengono persi circa 10 milioni di ettari, per incendi e deforestazione, a causa della conversione di foreste in terreni agricoli.
La commissione europea dal 2013 ha iniziato a studiare il legame tra consumo di alcuni beni e la deforestazione al di fuori dei propri territori: si parla in questi casi di embedded deforestation (deforestazione incorporata). Il termine viene usato per collegare la deforestazione nei paesi produttori con il consumo dei beni nei paesi consumatori.
Le previsioni mostrano che la produzione di caffè potrebbe diventare uno dei fattori più determinanti per la deforestazione a causa dell’aumento della domanda e del cambiamento climatico.
● Utilizzo di pesticidi e fertilizzanti: tradizionalmente il caffè veniva coltivato in zone ombrose, mentre dagli anni ‘70 si sono sviluppate sempre di più distese di terreno in pieno sole per velocizzare la crescita della pianta ed incrementare le rese dei raccolti. Questa modalità determina l’abbattimento di alberi, elemento essenziale per la presenza di un habitat per flora e fauna. Vengono così meno pipistrelli e uccelli che possono catturare insetti e parassiti dannosi per le coltivazioni.
Questo porta ad un maggiore impiego di pesticidi, prodotti chimici considerati sostanze inquinanti soprattutto per il suolo.
● Utilizzo di acqua: coltivazione e lavorazione delle piantagioni di caffè utilizzano una grande quantità di risorse. Esaminando l’impronta idrica si è stimato che per produrre una tazza di caffè da 125mL sono necessari dai 110 ai 140 L d’acqua. L’ombra generata dalle piante vicine alle coltivazioni di caffè aiuta a non disperdere l’acqua nel terreno, limitando il dispendio idrico, funzione che però viene a meno nelle coltivazioni al sole diretto.
Prospettive sulla produzione
La minaccia del cambiamento climatico (precipitazioni volatili e siccità, inondazioni ed aumento delle temperature) sta mettendo a rischio la sopravvivenza delle piantagioni.
A tal proposito uno studio condotto dal Climate Institute (organizzazione mondiale che si occupa di cambiamento climatico) afferma che circa il 50% delle aree coltivate a caffè saranno inadatte alla produzione entro il 2050, mentre uno studio su Science Advanced afferma che il 60% delle specie di caffè è vulnerabile o a rischio estinzione.
Questo fattore potrà spostare le regioni adatte alla coltivazione verso altitudini più elevate. Regioni che ora presentano foreste potranno essere oggetto di deforestazione futura.
Cosa possiamo fare per non rinunciare al caffè?
Sono presenti certificazioni che ci possono aiutare nell’acquistare caffè più sostenibile per l’ambiente ed i lavoratori.
Di seguito le principali:
Biologico: garantisce il rispetto di normative e regolamenti previsti dalla pratica biologica in riferimento al rispetto dell’ambiente. Per tutelare la biodiversità viene ad esempio vietato l’utilizzo di fertilizzanti chimici durante la coltivazione.
Fairtrade: è il marchio internazionale di certificazione del commercio equo e solidale che garantisce il rispetto di precisi standard sociali, economici ed ambientali. Fairtrade garantisce ai lavoratori dei paesi meno sviluppati un prezzo minimo, calcolato per coprire i costi necessari ad una produzione sostenibile. A questo viene aggiunto il premio Fairtrade, una somma di denaro che i lavoratori possono utilizzare per migliorare lo sviluppo delle loro comunità.
UTZ: promuove pratiche di agricoltura sostenibile per tutelare e gestire efficientemente le risorse naturali, garantire il benessere ed i diritti dei lavoratori, fornire la tracciabilità del prodotto.
Rainforest Alliance: si impegna per garantire il rispetto di determinati criteri relativi alla sostenibilità della produzione a favore degli ecosistemi, della biodiversità, del cambiamento climatico, dei diritti dei lavoratori e del benessere delle comunità locali.
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