“Tracciabilità” e “Rintracciabilità”. Quante volte vi sarà capitato di incontrare in qualche etichetta, articolo o pubblicità questi due termini e chiedersi: ma, esattamente, cosa significano?
In effetti, da qualche tempo si parla sempre più di tracciabilità nella filiera alimentare, soprattutto riferendosi alle nuove tecnologie adottate nel settore, fra tutte la blockchain (se volete saperne di più leggete fino in fondo quest’articolo). Nei paragrafi che seguono cercheremo di chiarirvi le idee una volta per tutte su questo delicato argomento.
Tracciabilità e rintracciabilità – definizioni
I due concetti sono stati introdotti ed esposti chiaramente nel Regolamento Europeo 178/2002, anche conosciuto come General Food Law.
Per la legislazione è fondamentale creare e consolidare nel tempo la fiducia del consumatore (una vera e propria innovazione a livello normativo, visto che si persegue un obiettivo etico), ma come fare? Fra le varie proposte spuntano proprio tracciabilità e rintracciabilità.
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Per tracciabilità si intende la capacità di descrivere il percorso di una materia prima all’interno di tutta la filiera produttiva: dalla produzione, alla trasformazione, fino alla distribuzione.
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Per rintracciabilità si indica la possibilità di ricostruire a ritroso l’intero processo di un prodotto, dal suo stato finale alle materie prime di partenza.
Seppure i due concetti siano similari e spesso vengano impiegati come sinonimi, nella normativa trovano due espressioni differenti (si compie lo stesso “percorso”, ma a parti invertite). Inoltre, la tracciabilità è uno strumento particolarmente utilizzato ed utile agli attori della filiera stessa; dall’altra parte, la rintracciabilità risulta funzionale soprattutto per il consumatore, che tramite alcuni strumenti più o meno tecnologici (come i QR code o, banalmente, quanto riportato in etichetta), è in grado di scoprire tutto il percorso di lavorazione del prodotto acquistato, esattamente “from farm to fork”.
Perché è importante tracciare e rintracciare gli alimenti
Il tracciamento e il rintracciamento degli alimenti non rientrano solamente fra gli adempimenti a livello legislativo, ma rappresentano due ottime possibilità di rendere fruibile tutta quella mole di dati e informazioni che interessano i singoli prodotti.
Tracciare (e rintracciare) infatti significa:
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gestire la sicurezza dei prodotti (food safety) e le emergenze alimentari (ad es. applicando le procedure di ritiro/richiamo dal mercato di prodotti non conformi);
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informare in maniera funzionale il consumatore, sempre più attento e consapevole nella fase di acquisto;
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rendere efficiente la gestione delle scorte all’interno dell’azienda, riducendo così gli sprechi alimentari e andando a consolidare le relazioni interne alla filiera.
Food safety sempre al primo posto!
A proposito di food safety, le autorità europee hanno da tempo istituito un sistema di allarme rapido – Rapid Alert System for Food and Feed (RASFF) – una forma di rete di notificazione capace di informare tutti gli Stati Membri qualora si verificassero contaminazioni dovute ad alimenti o si dovesse procedere con ritiri/richiami di prodotti alimentari.
Ricordiamoci, fra l‘altro, che esiste una differenza tra il ritiro e il richiamo di un alimento. Entrambi prevedono che la rimozione immediata dal canale di vendita, ma:
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con il ritiro il prodotto non ha raggiunto il consumatore;
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con il richiamo il prodotto è già potenzialmente nelle mani del consumatore.
Una nuova tecnologia a servizio della tracciabilità: la blockchain
Da tempo riconosciuta come l’unica tecnologia in grado di creare un ponte fra mondo rurale e mondo digitale, la blockchain viene spesso presentata come una di quelle opportunità di cambiamento da acchiappare al volo. Impiegata in altri settori (come quello della logistica), si tratta letteralmente di una catena a blocchi, ossia un rigido sistema di banche dati, dove lo scambio di informazioni avviene in modalità blindata, al fine di tracciare ogni singola transazione e di garantire che le informazioni stesse non vengano manipolate da terzi, assicurando alti livelli di sicurezza.
Impiegare la blockchain per tracciare e autenticare a livello digitale un prodotto alimentare significa quindi rendere l’intera filiera produttiva più trasparente, sicura e affidabile. L’intento è quello di arginare il più possibile contraffazioni, violazioni e appropriazioni indebite di marchi e certificazioni, che compromettono in maniera ingente l’intera economia produttiva.
Oltre a tutelare ed agevolare gli attori della filiera, la blockchain può rappresentare anche un ottimo strumento in grado di consapevolizzare ed informare i consumatori, a loro volta sempre più attenti e curiosi di sapere cosa mettono nel piatto.
Ma questa tecnologia ha anche dei limiti? Alcuni esperti ritengono che, pur con i molti pregi evidenziati, la blockchain non possa garantire al 100% la qualità del dato inserito.
Il problema origina dal fatto che sono gli attori stessi della filiera alimentare ad inserire in prima battuta le informazioni, che poi diventano non modificabili. Tuttavia, con questo passaggio da fisico a digitale non si può avere la certezza che il dato sia stato sempre inserito correttamente.
A questo punto la domanda è lecita: siamo davvero certi che la blockchain rappresenti la soluzione che tutti stiamo cercando?
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