Diete plant based, ma non solo: le bevande vegetali, come è più corretto chiamarle, stanno acquisendo sempre più popolarità tra i consumatori anche in risposta a esigenze fisiologiche (per esempio l’intolleranza al lattosio) e sperimentazioni in cucina.
I benefici del “latte” vegetale: per te e per l’ambiente
La legislazione europea in materia di prodotti agroalimentari riconosce la dicitura “latte” al solo prodotto ottenuto dalla mungitura dei mammiferi da allevamento. Ecco perché è di fatto illegale riportare questo riferimento sull’etichetta delle bevande a base vegetale.
Soia, avena, riso, mandorla… ma anche cocco, noce, nocciola: il “latte” vegetale si ottiene dalla macerazione e filtrazione di cereali, legumi o frutta secca. In virtù di questa varietà di ingredienti, anche le sue proprietà nutrizionali sono molto eterogenee e possono facilmente rispondere alle esigenze di ognuno; antiossidanti, acidi grassi insaturi e sali minerali, insieme a una buona digeribilità sono solo alcune delle caratteristiche che li rendono apprezzabili.
Ma non solo: le bevande vegetali rappresentano una scelta molto valida anche dal punto di vista della sostenibilità ambientale, una vera e propria necessità a cui sempre più consumatori prestano attenzione.
Nel 2018, la rivista Science in collaborazione con l’Università di Oxford ha pubblicato lo studio più esaustivo finora consultabile sull’impatto ambientale del settore agroalimentare: i dati dimostrano che le emissioni di gas serra per la produzione di un bicchiere da 200 millilitri di latte di mucca sono circa il triplo rispetto alle alternative vegetali (0.6 kg contro una media di 0.2 kg). A queste si aggiungono il consumo di acqua e l’utilizzo di suolo, altrettanto esponenziali.
Un occhio al consumo di risorse
Le alternative vegetali, però, non sono tutte uguali. Nello scegliere la prossima bevanda con cui iniziare la giornata è bene tenere conto non solo delle differenze in fatto di gusto – il mondo dei vegetali è ottimo per sperimentare sapori nuovi rispetto al classico latte di mucca – ma anche del consumo di risorse richiesto per la loro produzione.
Un gesto quotidiano come quello di bere il caffelatte alla mattina può trasformarsi in un piccolo ma costante contributo alla tutela del nostro pianeta.
In fondo alla classifica delle bevande vegetali più sostenibili si trovano il latte di mandorla e, subito dopo, quello di riso: la loro produzione rimane certamente meno impattante del latte vaccino, ma richiede un elevato dispendio di acqua (circa 80 e 60 litri per un bicchiere; il latte di mucca ne consuma 120 litri).
Rimane controverso anche il consumo eccessivo di latte di cocco, un prodotto la cui sostenibilità va valutata con attenzione soprattutto per via delle lunghe distanze percorse: più un prodotto è geograficamente lontano dall’area di consumo, più il suo trasporto genera inquinamento.
La sostenibilità in ambito agroalimentare, poi, non riguarda solo la dimensione ambientale; bisogna considerare anche l’impatto sociale che un prodotto determina: nel caso del cocco – e di tutti gli alimenti di provenienza esotica – è opportuno ricercare la certificazione Fairtrade, che garantisce il rispetto dei diritti dei lavoratori lungo la catena di approvvigionamento.
Tra le bevande vegetali più consumate si trovano poi il “latte” di avena e di soia. I vincitori della classifica e dunque le scelte da preferire per un consumo meno impattante sull’ambiente, perché richiedono impieghi di risorse idriche e di suolo coltivato molto ridotti.
La questione della tassazione
Rimane però un ostacolo non indifferente che sembra compromettere la diffusione delle bevande vegetali su una scala più ampia: in Italia, infatti, solo il latte vaccino viene riconosciuto tra gli “alimenti di base” e pertanto vede applicata un’aliquota IVA del 4%; lo stesso non accade per le varianti plant based che, a differenza di altri paesi europei, vengono ancora considerate beni non di prima necessità e scontano un’aliquota Iva ordinaria del 22%.
Qualche passo in avanti è ancora da compiersi dunque, per venire incontro non solo a chi, per necessità, il latte di mucca non può berlo; ma anche a chi, con la consapevolezza che ognuno può fare la propria parte, intende impegnarsi in una causa che riguarda tutti noi consumatori.
E tu, quale latte scegli?